...et Voilat: Habemus Tribulam.
Il panorama
politico è composto in larga parte da impresentabili. Magari non nel senso
stretto del termine, cioè da tutti indagati, pregiudicati o prescritti, ma
essenzialmente macchiati di incompetenza, mala fede, antipatia e soprattutto non se ne può più di
vederli sempre presenti nei salotti televisivi, come se fossimo in perenne
campagna elettorale. E’ vero che questo è un Paese molto particolare, ma
volendo avvicinarci alla normalità, molti di noi vorrebbero quanto meno non
vederli quotidianamente seduti al tavolo della Gruber a discutere di argomenti
di cui non sono nemmeno all’altezza. Allora si attrezzeranno per stupirci con
nuovi interpreti, con personaggi ripescati dal passato, vincenti nella vita o
almeno da simpaticoni più o meno acculturati. Dalla pseudo destra alla pseudo
sinistra, manderanno in campo forze nuove o presunte tali. Dovremo aspettarci
artisti, giornalisti, imprenditori, critici d’arte, manager e magari qualche
chef stellato. Va bene chiunque, purchè sia videocraticamente valido, ma
soprattutto cha abbia mangiato almeno un pezzo di bambino, che sia ricattabile,
controllabile.
Il toto-deputato potrebbe generare nomi di fantasia, di personaggi più o meno credibili e dai trascorsi assordanti. Non che in Italia non esistano elementi all’altezza in competenze e onestà intellettuale, ma come ben sappiamo non è in questo paniere che si andrebbe a pescare un volto nuovo. Il perfetto identikit prevede un personaggio autoritario, con una storia vincente e accattivante, luminoso quanto basta ad accecare la platea e dal passato candido o almeno sbiadito.
Un nome su tutti mi torna in mente spesso e con effetti inquietanti: Flavio Briatore. Uno che dalle poche interviste rilasciate, dalla posa austera e boriosa, ostenta albagia e disprezzo per tutti coloro che al suo contrario non si sono affermati nella vita. A parte il fatto che la gente a un Cristo qualunque preferirebbe sempre il Barabba di turno, Briatore incarna il perfetto trainer, il manager che è tanto mancato all’Italia.
Classe 52, nasce e vive la sua prima gioventù nel Cuneese. Con molti sforzi e altrettante bocciature, riesce ad ottenere un diploma da geometra da privatista e con altrettanti pessimi risultati intraprende e poi smette la carriera di assicuratore. Probabilmente è a questo punto che il Tribula capisce che i normali canali istruttivi e professionali non gli si addicono. Capisce anche che tra Verzuolo e Mondovì non avrebbe combinato un gran che. E’ intelligente ed è un bel ragazzo ma lì in provincia, al massimo avrebbe potuto contare su una cotta di Daniela Santanchè in epoca pre televisiva. Capisce che ha bisogno di conoscere gente importante, magari tramite qualche donnina che non gli resiste, i giusti collegamenti con il mondo della finanza.
Gli offre un incarico da collaboratore il finanziere e costruttore Attilio Dutto, che aveva da poco acquisito la Paramatti Vernici, fino ad allora di proprietà di Michele Sindona. Ma operazioni sbagliate o artatamente architettate, assottigliano via via il patrimonio del Dutti che finisce sul lastrico, prima di saltare in aria con la sua auto, per mezzo di un ordigno esplosivo. Quel giorno aveva appuntamento con Mr Billionaire, che “fortunatamente” tardò un quarto d’ora. Il patrimonio del Dutti (circa 30 Miliardi) sparì nel nulla e la sua morte fu attribuita ad un delitto passionale anche se il modus operandi suggeriva un attentato di Mafia.
Siamo alla fine degli anni 70, il Tribula si trasferisce a Milano, dove conosce una modella che poi diventerà la sua prima moglie e che lo inserisce nell’ambiente mondano. Qui lega con Bettino Craxi, Emilio Fede e personaggi dello spettacolo comeLele Mora, Pupo e Iva Zanicchi, dei quali si improvvisa discografico. Frequenta Piazza Affari e conosce Achille Caproni, l’erede delle industrie aereonautiche e diviene amante della moglie. Probabilmente grazie all’influenza di quest’ultima, il Caproni gli affida la gestione della CGI (Compagnia Generale Industriale), la holding del suo gruppo. Ma anche in questa occasione il buon Flavio esibisce le sue performance di incompetenza (o dolo), creando un buco di qualche miliardo. Lo convince ad acquistare la Paramatti che fu di Sindona e del defunto Attilio Dutto, ma anche questa finisce male e viene rilevata dalla EFIM. Il soggiorno milanese di Briatore è molto proficuo. Organizza festini e tavoli da gioco “Particolari”, ai quali invita esponenti dell’alta finanza milanese, gente facoltosa e ben disposta all’occorrenza, a perdere qualche miliarduccio al tavolo verde. Ma sono tavoli da gioco truccati, dove il pollo di turno perde sistematicamente e il furbo trainer intasca una lauta provvigione. Tavoli da gioco di proprietà della Mafia, di Ilario Legnaro e di Gaetano Corallo del Clan Santapaola. Scoppia lo scandalo e lui condannato, fugge ai Caraibi, nelle isole vergini , precisamente a St Thomas, dove vive una latitanza da sogno e dove conosce Luciano Benetton. Insieme aprono numerose attività legate allo storico marchio, in giro per il Mondo. Ma gestisce anche numerose altre acquisizioni e diviene socio di Lorenzo Streri, con il quale aveva in progetto la ristrutturazione di intere città e la realizzazione di una “Freedom Ship”, una vera e propria città galleggiante, un «paradiso fiscale extralusso». Briatore e Streri avevano già intrattenuto rapporti di affari nel 1977, con la fondazione di Euroleasing Spa, una società nella cui compagine rientrava anche Dutto. Di Streri dal 10 marzo 2001 non si ha più notizia, letteralmente scomparso a Santo Domingo, dove si era recato per affari, sotto gli occhi degli amici presso un ristorante italiano.
Grazie all’indulto del 1990, Briatore rientra in Italia dalla porta principale, pur continuando a gestire le numerose imprese create, rigorosamente curate dagli uffici in Lussenburgo, dove hanno sede e dove le tasse sono quasi inesistenti. Negli anni 90 nascono i club esclusivi Billionaire e uno stile di vita del tutto esclusivo e riservato a pochi ma facoltosi, quanto affezionati clienti. Parallelamente si lancia nel mondo dello sport, acquista i Queens Park Rangers Football Club di Londra, ma i risultati più lusinghieri gli arrivano dalla F 1, dove si rivela essere un vero e proprio talent scout, scoprendo piloti in erba che poi hanno fatto la storia e vincendo un mondiale con Shumacker e con la Benetton. Ma dal Circus viene radiato per un grave illecito sportivo; ricordiamo tutti l’incidente provocato deliberatamente da Piquet per rallentare la gara che poi vinse Alonso. Il resto è storia più o meno nota. Vive a Londra e disprezza l’Italia o per meglio dire, il sistema fiscale italiano e le tasse, ama il lusso e le belle donne. Heidi Klum, Naomi Campbell, Eva Herzigova, Vanessa Kelly, sono solo alcune delle note conquiste dell’eterno play boy e c’è da scommettere che Elisabetta Gregoracci l’attuale moglie, non sarà l’ultima. Una storia italiana nata nella Milano da bere, a tratti inquietante ma dal lieto fine degno di una fiaba. Ma nella Briatore Story la parola Fine sembra proprio che non sia ancora stata scritta. Una storia che somiglia molto a quella di qualche Paperone italiano ben più famoso, direi più famigerato. Se il tempo e i soldi sono i mezzi più efficaci per ripulire l’immagine di un personaggio pubblico, questi certo non mancano al Tribula. Come ogni caimano che si rispetti, oggi lui è lui e il passato è da dimenticare. Ad ogni costo. Sono da dimenticare quei giorni in cui da ragazzo, in Sardegna fissava gli Yacht ormeggiati, giurando a sé stesso che un giorno ne possederà uno anche lui. Da dimenticare i vari magheggi ai danni di finanzieri svuotati e magari anche scomparsi. Nel curriculum di Briatore manca solo un’esperienza politica. Per quello che sono gli standard italici ne avrebbe pieno diritto e qualcuno in un passato non molto remoto, aveva anche già fatto il suo nome. Per i risultati raggiunti nessuno mai si sognerebbe di rinfacciargli che non è laureato, anzi che si è diplomato da privatista, dopo tre bocciature. Dal momento che trasmissioni tv dedicate lo hanno insignito della carica di fenomeno della finanza mondiale, si sono sbiaditi anche i ricordi che lo vedevano una schiappa ogni qual volta abbia provato a fare “Realmente” il manager. Ma magari oggi ha imparato a fare perfino quello, del resto finanza e malaffare sono parenti stretti. Una parentela che potrebbe allargarsi fino alla Politica e con essa la conquista del Parlamento e dell’immunità, del resto un suo simile ha polverizzato il record del ventennio, detenuto fino a qualche anno fa dal Duce.
Il bel Paese non è insolito partorire certi figuri. Il suo ammiccamento è palese, i suoi discutibili aforismi e il suo pensiero in merito ai fannulloni italiani che non hanno voglia di lavorare e che non hanno classe, né talento, sortiscono una reazione compiacente in una buona percentuale del popolo “italiota”. Un popolo maturo, che attende con ansia il ricambio generazionale, che vede in lui l’immagine del leader perduto, di certo lo preferirebbe ad un “Marchionne” reo dell’esodo FIAT o a un Tronchetti Provera o ancora a un maldestro Montezemolo.
Il terreno è preparato, i tempi sono maturi, manca solo il passetto al di qua di uno sgradito confine, pur sempre terra benedetta dai suoi vecchi amici della Milano da bere degli anni 70 et voilat, habemus Tribulam.
Forza Italia, risorgi.
Il toto-deputato potrebbe generare nomi di fantasia, di personaggi più o meno credibili e dai trascorsi assordanti. Non che in Italia non esistano elementi all’altezza in competenze e onestà intellettuale, ma come ben sappiamo non è in questo paniere che si andrebbe a pescare un volto nuovo. Il perfetto identikit prevede un personaggio autoritario, con una storia vincente e accattivante, luminoso quanto basta ad accecare la platea e dal passato candido o almeno sbiadito.
Un nome su tutti mi torna in mente spesso e con effetti inquietanti: Flavio Briatore. Uno che dalle poche interviste rilasciate, dalla posa austera e boriosa, ostenta albagia e disprezzo per tutti coloro che al suo contrario non si sono affermati nella vita. A parte il fatto che la gente a un Cristo qualunque preferirebbe sempre il Barabba di turno, Briatore incarna il perfetto trainer, il manager che è tanto mancato all’Italia.
Classe 52, nasce e vive la sua prima gioventù nel Cuneese. Con molti sforzi e altrettante bocciature, riesce ad ottenere un diploma da geometra da privatista e con altrettanti pessimi risultati intraprende e poi smette la carriera di assicuratore. Probabilmente è a questo punto che il Tribula capisce che i normali canali istruttivi e professionali non gli si addicono. Capisce anche che tra Verzuolo e Mondovì non avrebbe combinato un gran che. E’ intelligente ed è un bel ragazzo ma lì in provincia, al massimo avrebbe potuto contare su una cotta di Daniela Santanchè in epoca pre televisiva. Capisce che ha bisogno di conoscere gente importante, magari tramite qualche donnina che non gli resiste, i giusti collegamenti con il mondo della finanza.
Gli offre un incarico da collaboratore il finanziere e costruttore Attilio Dutto, che aveva da poco acquisito la Paramatti Vernici, fino ad allora di proprietà di Michele Sindona. Ma operazioni sbagliate o artatamente architettate, assottigliano via via il patrimonio del Dutti che finisce sul lastrico, prima di saltare in aria con la sua auto, per mezzo di un ordigno esplosivo. Quel giorno aveva appuntamento con Mr Billionaire, che “fortunatamente” tardò un quarto d’ora. Il patrimonio del Dutti (circa 30 Miliardi) sparì nel nulla e la sua morte fu attribuita ad un delitto passionale anche se il modus operandi suggeriva un attentato di Mafia.
Siamo alla fine degli anni 70, il Tribula si trasferisce a Milano, dove conosce una modella che poi diventerà la sua prima moglie e che lo inserisce nell’ambiente mondano. Qui lega con Bettino Craxi, Emilio Fede e personaggi dello spettacolo comeLele Mora, Pupo e Iva Zanicchi, dei quali si improvvisa discografico. Frequenta Piazza Affari e conosce Achille Caproni, l’erede delle industrie aereonautiche e diviene amante della moglie. Probabilmente grazie all’influenza di quest’ultima, il Caproni gli affida la gestione della CGI (Compagnia Generale Industriale), la holding del suo gruppo. Ma anche in questa occasione il buon Flavio esibisce le sue performance di incompetenza (o dolo), creando un buco di qualche miliardo. Lo convince ad acquistare la Paramatti che fu di Sindona e del defunto Attilio Dutto, ma anche questa finisce male e viene rilevata dalla EFIM. Il soggiorno milanese di Briatore è molto proficuo. Organizza festini e tavoli da gioco “Particolari”, ai quali invita esponenti dell’alta finanza milanese, gente facoltosa e ben disposta all’occorrenza, a perdere qualche miliarduccio al tavolo verde. Ma sono tavoli da gioco truccati, dove il pollo di turno perde sistematicamente e il furbo trainer intasca una lauta provvigione. Tavoli da gioco di proprietà della Mafia, di Ilario Legnaro e di Gaetano Corallo del Clan Santapaola. Scoppia lo scandalo e lui condannato, fugge ai Caraibi, nelle isole vergini , precisamente a St Thomas, dove vive una latitanza da sogno e dove conosce Luciano Benetton. Insieme aprono numerose attività legate allo storico marchio, in giro per il Mondo. Ma gestisce anche numerose altre acquisizioni e diviene socio di Lorenzo Streri, con il quale aveva in progetto la ristrutturazione di intere città e la realizzazione di una “Freedom Ship”, una vera e propria città galleggiante, un «paradiso fiscale extralusso». Briatore e Streri avevano già intrattenuto rapporti di affari nel 1977, con la fondazione di Euroleasing Spa, una società nella cui compagine rientrava anche Dutto. Di Streri dal 10 marzo 2001 non si ha più notizia, letteralmente scomparso a Santo Domingo, dove si era recato per affari, sotto gli occhi degli amici presso un ristorante italiano.
Grazie all’indulto del 1990, Briatore rientra in Italia dalla porta principale, pur continuando a gestire le numerose imprese create, rigorosamente curate dagli uffici in Lussenburgo, dove hanno sede e dove le tasse sono quasi inesistenti. Negli anni 90 nascono i club esclusivi Billionaire e uno stile di vita del tutto esclusivo e riservato a pochi ma facoltosi, quanto affezionati clienti. Parallelamente si lancia nel mondo dello sport, acquista i Queens Park Rangers Football Club di Londra, ma i risultati più lusinghieri gli arrivano dalla F 1, dove si rivela essere un vero e proprio talent scout, scoprendo piloti in erba che poi hanno fatto la storia e vincendo un mondiale con Shumacker e con la Benetton. Ma dal Circus viene radiato per un grave illecito sportivo; ricordiamo tutti l’incidente provocato deliberatamente da Piquet per rallentare la gara che poi vinse Alonso. Il resto è storia più o meno nota. Vive a Londra e disprezza l’Italia o per meglio dire, il sistema fiscale italiano e le tasse, ama il lusso e le belle donne. Heidi Klum, Naomi Campbell, Eva Herzigova, Vanessa Kelly, sono solo alcune delle note conquiste dell’eterno play boy e c’è da scommettere che Elisabetta Gregoracci l’attuale moglie, non sarà l’ultima. Una storia italiana nata nella Milano da bere, a tratti inquietante ma dal lieto fine degno di una fiaba. Ma nella Briatore Story la parola Fine sembra proprio che non sia ancora stata scritta. Una storia che somiglia molto a quella di qualche Paperone italiano ben più famoso, direi più famigerato. Se il tempo e i soldi sono i mezzi più efficaci per ripulire l’immagine di un personaggio pubblico, questi certo non mancano al Tribula. Come ogni caimano che si rispetti, oggi lui è lui e il passato è da dimenticare. Ad ogni costo. Sono da dimenticare quei giorni in cui da ragazzo, in Sardegna fissava gli Yacht ormeggiati, giurando a sé stesso che un giorno ne possederà uno anche lui. Da dimenticare i vari magheggi ai danni di finanzieri svuotati e magari anche scomparsi. Nel curriculum di Briatore manca solo un’esperienza politica. Per quello che sono gli standard italici ne avrebbe pieno diritto e qualcuno in un passato non molto remoto, aveva anche già fatto il suo nome. Per i risultati raggiunti nessuno mai si sognerebbe di rinfacciargli che non è laureato, anzi che si è diplomato da privatista, dopo tre bocciature. Dal momento che trasmissioni tv dedicate lo hanno insignito della carica di fenomeno della finanza mondiale, si sono sbiaditi anche i ricordi che lo vedevano una schiappa ogni qual volta abbia provato a fare “Realmente” il manager. Ma magari oggi ha imparato a fare perfino quello, del resto finanza e malaffare sono parenti stretti. Una parentela che potrebbe allargarsi fino alla Politica e con essa la conquista del Parlamento e dell’immunità, del resto un suo simile ha polverizzato il record del ventennio, detenuto fino a qualche anno fa dal Duce.
Il bel Paese non è insolito partorire certi figuri. Il suo ammiccamento è palese, i suoi discutibili aforismi e il suo pensiero in merito ai fannulloni italiani che non hanno voglia di lavorare e che non hanno classe, né talento, sortiscono una reazione compiacente in una buona percentuale del popolo “italiota”. Un popolo maturo, che attende con ansia il ricambio generazionale, che vede in lui l’immagine del leader perduto, di certo lo preferirebbe ad un “Marchionne” reo dell’esodo FIAT o a un Tronchetti Provera o ancora a un maldestro Montezemolo.
Il terreno è preparato, i tempi sono maturi, manca solo il passetto al di qua di uno sgradito confine, pur sempre terra benedetta dai suoi vecchi amici della Milano da bere degli anni 70 et voilat, habemus Tribulam.
Forza Italia, risorgi.
Brett
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