La Pizza Napoletana è la Margherita. Non girate la pizza.

La storia della pizza è lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola "pizza" risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997 e in un contratto di locazione con data sul retro 31 gennaio 1201 a Sulmona.
Prima del XVII Secolo la pizza era coperta con salsa bianca. Fu più tardi sostituita con olio d'oliva, formaggio, pomodori o pesce: nel 1843, Alexandre Dumas (Padre) descrisse la diversità dei condimenti della pizza.
Nel  1889, per onorare la Regina d'Italia Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito preparò la "Pizza Margherita", una pizza condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana.
Al di la dei consigli e le critiche di qualche improvvisato intenditore, chef televisivi travestiti da specialisti dello “Street Food”, o di qualche italiano centro settentrionale che insiste nel gradire uno sfornato croccante e sottilissimo con salsa di pomodoro disseccata e formaggi fusi a marchio COOP (quelli che nel forno ingialliscono), la pizza “Napoletana” deve presentare determinate caratteristiche.
Innanzitutto è indispensabile la cottura nel forno a legna (i forni elettrici al massimo sfornano le focacce), la consistenza deve essere morbida ma non gommosa e lo spessore di 3/4 mm. Il cornicione alto almeno 3 cm, vuoto e non biscottato in modo che all’occorrenza deve essere ripiegata in quattro e mangiata per strada. Il condimento della pizza Margherita consiste in Mozzarella di bufala, Pomodori San Marzano pelati, olio di oliva, basilico e (opzionale) una spruzzatina di Parmigiano. L’odore che inebria i sensi deve essere un misto di fumo di legna bruciacchiata, basilico, pomodoro e…..possibilmente aria di Napoli. Ci sono poi varianti più o meno passabili, ma quando si tratta di farcire una pizza con cozze, alici, salsicce, peperoni o altro, siamo di fronte a qualcos’altro. Magari buono come la pizza e anche più, ma decisamente parliamo di altro. Queste varianti sono nate in America dove hanno proposto di tutto, ma anche a Napoli la voglia di proporre qualcosa di innovativo, ha partorito degli obbrobri che disturbano i sensi.
Tra le varianti interessanti vi è il più recente “Panuozzo” o “Saltimbocca”, nato negli anni 80 dalla fantasia del Gragnanese Malafronte e in contemporanea da Baldino, altro pizzettaro di Vico Equense. Consiste in panini o “Panoni” di pizza cotti a legna senza condimento, poi aperti come una pagnotta e farciti di pancetta e provola, dunque reinfornati per pochi minuti e consumati caldi a mò di panino.
Una variante della più nota Margherita è la Pizza Fritta. Esistono ancora pochi locali a Napoli dove servono esclusivamente pizze. La leggerezza e la flagranza sono su livelli impensabili grazie ad una cottura "istantanea" nel calderone infernale che rende il fritto quasi subliminale e digeribilissimo.
Gli ingredienti consistono in cicoli, salame, pomodoro, provola e pepe. C’è poi la variante “Scarole” con scarole crude, acciughe, olive nere e pepe e ancora la “Chicchinese” con scarole crude, acciughe, olive nere, ricotta, cicoli, salame, pomodoro, provola e pepe, o anche le semplici salsicce e friarielliIl Tempio della pizza fritta a Napoli è certamente il locale sito nel quartiere “Forcella”, la Pizzeria D’è Figliole, divenuto celebre grazie ad una straripante Sophia Loren nel film “L’oro di Napoli”. Ancora oggi come negli anni 60, è ancora possibile degustare una pizza fritta o al forno, tra i vicoli della Napoli antica. Non è roba per chi ha la puzzetta sotto il naso, anche se i locali sono igienicamente impeccabili, lo stile volutamente Retrò e il mangiare per strada possono invocare una sensazione di sporco.
Comunque sia la pizza napoletana è e sarà sempre uno dei cibi italiani più buoni in assoluto. Mangiatela ovunque purchè sia buona e se vi piacciono le “Varianti fantasiose”, per favore almeno non chiamatela Pizza Napoletana.

Nonno Catello








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