Quando Calenda il Sole.


Il PD ha dato l’impressione di un Partito votato all’Elite, più in generale lo hanno fatto le sinistre a livello globale. Questo è successo perché noi intendiamo risolvere i problemi nel modo più realistico possibile, non come i populisti che invece di fare, parlano e aizzano le folle.
Queste più o meno le parole di Carlo Calenda, all’indomani della consegna della sua quasi verginità politica al PD. La sua serietà professionale, le sue estreme competenze, ne fanno un futuro trainer, colui che dovrà traghettare il Partitone verso la rinascita.
In realtà, la sua stessa figura incarna alla perfezione quello che a suo dire, è SEMBRATO il PD. Figlio di Cristina Comencini, dunque nipote del regista Luigi, che a soli 10 anni lo impose a RAI 3 quale interprete di Enrico Bottini, nello sceneggiato “Cuore”. L’ultimo predestinato, lo spermatozoo d’oro della Roma bene, quella dei quartieri alti, l’ennesimo figlio della stantivata Borghesia capitolina. Non il figlio del portiere,  nè della lavandaia il buon Carletto, appena laureatosi in Economia, viene affidato alle cure del caro Luca di Cordero di Montezemolo, quel Mister Ferrari che sulla sola scorta del pedigree del Calenda, gli affida la direzione dei Rapporti con l’estero della scuderia del cavallino. Dopo una parentesi con Sky, Montezemolo lo richiama a sé, questa volta in Confindustria. Poi lo trascina in politica, allineandolo nelle liste di Italia Futura, quel Partito composto da una cordata di imprenditori filo europeisti, che come tutti i Partiti di Sinistra, aveva a “Cuore” le sorti delle classi operaie. Purtroppo (per gli operai) non ebbe miglior sorte, ma la mano misericordiosa del buon Enrico Letta, lo nominò Ministro per lo sviluppo economico, in quella che fu la sua brevissima legislatura. Al passaggio del campanellino nelle mani di Renzi, mantiene l’incarico e ancora oggi svolge il suo ruolo da sedicente Tecnico prestato alla Politica, cosa che a suo dire non gli riesce bene. In questo non mi sento di dargli torto. La prima dote di un politico è la credibilità, a prescindere dalla buona fede. Un politico abile deve innanzitutto riscuotere consensi, qualunque siano le sue caratteristiche. Anche un truffatore, un pregiudicato, ha l’obbligo di incarnare il volere di quella parte di elettorato che lo sostiene. Ma lui non è mai stato eletto, ci è stato rifilato, nominato come tecnico di un Governo nato male e continuato peggio. In questo breve (si spera) periodo di interregno, evidentemente la casta alla quale risponde gli ha chiesto di provare a ricucire le trame dell’azienda PD, senza la quale Confindustria, il Consorzio delle lobby, perderebbe i pezzi migliori.
Povero Calenda, chiamato fin da fanciullo a interpretare parti e ruoli che non gli appartengono. Mai una scelta, magari anche sbagliata, gli è stata concessa. Mai un colpo di testa, una bravata, una scappatella. Un automa al servizio della Borghesia, chiamato questa volta, grazie all’autorevolezza della propria voce, a discreditare il populismo, reinfondendo vigore al PD, che nel frattempo ha esalato il suo ultimo respiro. La sua missione questa volta è resuscitare un morto, un’impresa divina. Difficile anche per l’uomo della provvidenza improvvisato, il Deus ex Machina della sedicente Sinistra.
Calenda è un tarocco riuscito male, le carenti doti comunicative lo condannano nell’immediato, ancor prima di provarci. Le sue dichiarazioni incutono ilarità, ma diversamente dalle uscite Renziane o Berlusconiane, nemmeno impongono quella frazione di secondo necessaria a decifrare il messaggio. Si ride e basta, magari qualcuno dirà che ci sarebbe da piangere, ma il concetto è lo stesso, le sue parole sanno di aria malsana, aria di establishment, dell’ennesimo disperato tentativo del sistema, teso a recuperare il terreno che sta perdendo. Inquietante riscontrare quanto il mondo dello spettacolo sia sempre allineato alla Politica Liberista, o comunque dichiarata di Sinistra. Da Sua Emittenza Berlusconi ai due Matteo, quelli della Ruota della Fortuna, per finire al rampollo dei Comencini.
Il dato sconfortante è che quest’omino vuoto, insipido, grigio come tutti i predestinati, rappresenta il meglio che l’elite abbia da offrire. A differenza della prestigiosa ENA (ecole nationale d'administration) francese, l’incubatrice dei politici italiani d’essai, sembra essere la cara, vecchia, piccola Borghesia. Quella vecchia puttana che impone ai propri figli la difesa della classe stessa e dei propri privilegi di casta.
Povero piccolo Carletto, tramontato prima ancora di sorgere. E’ durato finchè è rimasto nell’anonimato, ma adesso che  la regia gli chiede di interpretare il Cavaliere impavido, senza il sostegno di nonno Luigi e mamma Cristina, rischia di non procurarsi nemmeno una nomination per l’Oscar.

Brett

Commenti