E' Campagna Elettorale, Prima Tappa Torino


Dopo aver fatto di tutto e di più per perdere completamente la propria credibilità, la Stampa persevera nella sua linea principale. Praticamente tutte le testate lamentano gravi perdite di tirature, imputabili secondo la loro stessa interpretazione, alla semplicità con la quale si reperiscono le notizie in rete. Sarà anche per quello ma il dubbio che l’attendibilità dei contenuti sia molto limitata è legittimo e possiamo azzardare l’ipotesi che la crisi della carta stampata, così come lo share dei tg, possa derivare anche da questo. Sono sempre meno i lettori che prendono per buone notizie inerenti la politica soprattutto, ma non solo. La Stampa oltre agli episodi politici narrati nella versione di comodo del padrone, veicola fatti di cronaca in modo da addomesticare le coscienze. Non si tratta di riportare fatti accaduti, che bene o male sono oggettivi e insindacabili, quanto nel magheggio applicato nell’esposizione, sugli accenti che si pongono su determinati fatti. Sulla gravità presunta, sul peso sociale e politico che vi si vuole attribuire, sul messaggio che deve passare, sull’input che deve arrivare ai lettori.
Di tutto questo la platea è ormai ben conscia, eppure i quotidiani continuano a servire polpettoni preconfezionati, poco graditi e dal valore commerciale sempre più basso. Insomma i giornali nessuno li legge più perché recitano messe cantate delle quali la gente è stufa, eppure l’andazzo non cambia, nemmeno a costo di chiudere i battenti. In questo “L’Unità” docet. I quotidiani ormai sono un affare esclusivo di partito e guadagnano quasi esclusivamente dai finanziamenti pubblici, elargiti secondo criteri che non ci è dato conoscere. Dopo lustri di bilanci chiusi in perdita, l’Unità insisteva nella propaganda pro PD non perché facesse bene alle finanze della testata stessa, ma perché veniva ben ripagata dal Partitone. Lo stesso giochino è attualmente in corso per le testate di De Benedetti, Caltagirone, Berlusconi. Inoltre quest’ultimo lo fa in pieno conflitto di interessi, ma questa è una licenza tutta italiana.
Riflettendo su questo pensiero, analizzavo le testate che oggi quasi all’unisono, hanno aggredito Chiara Appendino e il M5S. Essendo in piena campagna elettorale, alla vigilia di una competizione che si terrà secondo regole improvvisate quanto incostituzionali, legalizzate solo dal fatto che danneggiano esclusivamente il M5S, è fin troppo facile intuirne il movente. Falso ideologico, abuso d’ufficio e altri capi di imputazione abbastanza datati che per magia tutti gli editori ricordano oggi di rispolverare. Un fatto abbastanza singolare che mi ha spinto a stilare un elenco dei quotidiani on line che all’unisono abbaiavano oggi, rabbiosi verso la Sindaca di Torino e associando la vicinanza ad uno o l’altro Partito da parte degli editori, azzardare una conclusione.
I più agguerriti sono stati i quotidiani di proprietà del Cavaliere, seguiti a ruota dalle testate di De Benedetti e Caltagirone. In virtù del blasone e della serietà dei relativi direttori, Il “Corriere della Sera”, “La Stampa” e “Il Fatto Quotidiano” hanno dato il giusto peso alla notizia, riportata secondo i canoni, mentre “Il Giorno” e “L’Avvenire” il quotidiano dei Vescovi, addirittura si sono astenuti. Tra coloro che non hanno infierito sulla vicenda vi sono i quotidiani della famiglia Riffeser, ovvero “Il Resto del Carlino”, “La Nazione” e “QN”, il solo che riporta la notizia in una legittima collocazione. Per la cronaca vorrei ricordare che Andrea Monti Riffeser è il nipote di un miliardario con le mani in pasta quasi ovunque ma lontano il giusto dal mondo politico. Dagli zuccherifici ai pozzi petroliferi all’editoria (Poligrafici Editoriale), il capostipite Attilio Monti era un personaggio sanguigno, molto invadente, il Padrone per antonomasia. Direttori come Enzo Biagi, Gianfranco Piazzesi o Vittorio Feltri a capo dei suoi giornali durarono pochi mesi. Le sue interferenze erano intollerabili. Per episodi che particolarmente lo colpivano, era capace di ordinare la sostituzione del pezzo giornalistico con uno personale. Romagnolo di ferro, senza peli sulla lingua né guinzagli troppo lunghi, si servì della politica finanziando campagne elettorali ma mai consegnò la cronaca nelle mani della stessa o di direttori (come De Bortoli) colpevoli a suo parere di guardare troppo a sinistra. L’erede Andrea, l’attuale proprietario editoriale, nel 2012 fu richiamato dagli stessi giornalisti con uno sciopero verso una linea editoriale pro MPS, che sarebbe risultata particolarmente indigesta al nonno, che odiava i Comunisti e la mercificazione della notizia. In sintesi il messaggio fu pressappoco: “Siamo un grande giornale, in mano a un piccolo editore che si ostina a usare i giornali a scopo personale”. Sempre orientato a quell’utile occulto di cui parlava il Cavalier Artiglio (Pseudonimo di Attilio Monti).
Che fosse vero?

Brett

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