Mentre gli USA giocano con la Siria la Cina compra l'Africa.


Mentre noi litigavamo sul CETA, sui referendum, sui vaccini, sulle fantomatiche zoccole di Roma e sulle demenziali regole europee, presi dai nostri problemi interni e coadiuvati dai media che non dovevano farci sapere, la Cina ha di fatto colonizzato l’Africa. Il progetto risale a 50 anni fa e già a più di dieci la costruzione della prima città (Nova Cidade de Kalimba) in Angola. Inoltre in Madagascar, Zambia, Tanzania, Congo e Nigeria, la Cina ha investito oltre 50 miliardi di $ in costruzioni di intere piattaforme, ospedali, scuole, fabbriche, negozi di mercanzie cinesi. La lingua cinese è incentivata nelle scuole e sui grattacieli più alti sventola prepotente la bandiera della Repubblica Popolare Cinese..
La Cina esporta Legno e gasolio ma sfrutta gli enormi e ricchissimi giacimenti del sottosuolo di diamanti, oro, rame, coltan, cobalto, scandio e altre terre rare, ottenute da mano d’opera locale, eserciti di schiavi che praticamente scavano a mani nude per 2 $ al giorno (12 ore). In questo la Cina è veramente maestra, ma delocalizzando addirittura la schiavitù economica verso l’Africa, vuol dire che i proventi sono addirittura più cospicui rispetto ai “tutelati” lavoratori cinesi in patria. In 30 anni la Cina ha costruito 2.223 km di ferrovia, la TAZARA (Tanzania-Zambia Railway Authority) 1.860 km di ferrovia che collegano il porto di Dar es Salaam in Tanzania con la città di Kapiri Mposhi in Zambia, aprendo così il primo sbocco commerciale di cui il governo della Tanzania potesse usufruire per la gestione delle esportazioni ed importazioni estere, creando un’alternativa al passaggio per il Sud Africa o dallo Zimbabwe.
L’esempio più recente di investimenti da parte del governo di Xi Jinping in Africa è il Kenya, dove verrà inaugurata nel 2017 una ferrovia che collegherà Nairobi con Mombasa lunga 600 kilometri, per un costo totale di 3.6 miliardi di dollari; da aggiungersi all’autostrada aperta nel 2012, consistente in 50 kilometri che collegano Nairobi a Thika e costata 360 milioni di dollari.
Ma abbiamo esempi anche in Etiopia: la “Light Rail” di Addis Abeba è la prima metropolitana di superficie dell’Africa, 2 linee per 39 stazioni, aperta nel 2016. Si aggiungono, nel corso degli anni, anche una ferrovia che congiunge Addis Abeba con Gibuti, lunga 700 kilometri, ed un’autostrada di 85 kilometri per 6 corsie che porta dalla Capitale etiope ad Adama.
3.500 km di strade e 132 tra ospedali e scuole, permettono già ad oggi una vita normale a circa 800.000 famiglie cinesi che già vivono nelle neo strutture africane. Ricordiamo che gli appartamenti cinesi sono proibiti agli autoctoni, se non per legge di fatto, avendo un costo che va da 90 a 130 mila €, certamente non alla portata di chi percepisce un reddito di 60 $ al mese e che gioco forza vive nelle non lontanissime baraccopoli.
La Cina ha azzerato debiti pregressi e foraggiato le decine di dittatori locali, ottenendo in cambio collaborazione e amnesie sui diritti umani. Senza contare che il territorio in questione è un gran bel posto dove andranno a vivere tutti i cinesi che in patria convivono sgomitando e che porteranno ricchezza e investimenti laddove le colonie del passato hanno esportato solo sfruttamento e apartheid.

Altro capitolo, non certo meno importante, è quello della presenza militare cinese in Africa. La Repubblica popolare cinese è l’ottavo paese per numero di unità militari che partecipano a operazioni di peacekeeping dell’Onu in Africa e il primo tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per la prima volta Pechino ha deciso di far combattere i propri soldati in Mali e Sud Sudan. Un modo, questo, per proteggere i propri investimenti. Ma il salto di qualità c’è stato in Nigeria dove le truppe di Pechino si sono messe al fianco del governo di Abuja per combattere Boko Haram. Cooperazione politica, in questo caso, va a braccetto con l’esportazione di armi. E ciò accade non solo in Nigeria. Basta andare nella Repubblica del Congo per vedere come è cambiata, ed è cresciuta, la presenza cinese nel paese. Se nel 2008 per le strade di Pointe Noire, la capitale economica del paese, si vedevano pochi cinesi, col passare degli anni è diventata una presenza “invadente” e molto visibile, non solo nei casinò della città, stracolmi di cinesi dediti al gioco, loro grande passione, ma anche nel creare vere e proprie comunità stabili. Tutto ciò di cui ha bisogno una comunità è già disponibile: negozi con mercanzie cinesi, cibo, case, servizi. Tutto arriva da Pechino e tutto fa ritorno a Pechino. O almeno quasi.
Ma sempre in Congo è in corso una guerra tra finti ribelli e truppe regolari, per il diritto sullo sfruttamento del sottosuolo, che ha già visto sei milioni di morti, metà dei quali bambini (Sentito in tv o sui Giornali?).
Sulla scia di quello che visse il Darfour e il Rwanda qualche anno fa, quando la destabilizzazione innescò il pretesto ad una guerra idiota tra etnie, anche questa è una guerra combattuta dai poveri per l’ulteriore benessere dei ricchi.
Secondo il portavoce del ministero degli Esteri cinesi, Lu Kang il “concetto di colonialismo non esiste nella politica estera cinese, né nella sua filosofia diplomatica. Quello che ha unito i popoli cinese e africano è stata la battaglia del continente africano contro il colonialismo europeo che è all’origine della povertà, delle turbolenze e di alcuni conflitti nell’Africa odierna”.
Ma lo shopping coloniale cinese non si ferma all’annessione dei 54 Stati africani. A far gola alla famelica tigre asiatica sono anche i paesi del Sud America, in particolare il Costa Rica. Il prezzo d’acquisto concordato tra Xi Jinping, il presidente cinese, e Laura Chinchilla Miranda è stato di 1,5 miliardi di dollari.
Tra le distrazioni di una frenetica lotta alla sopravvivenza e la volontà di non farci sapere, la geopolitica mondiale sta cambiando. L’Africa e altre parti del globo presto parleranno il Cinese, che sarà l’Esperanto del millennio. Il decadente impero americano e lo strumento europeo di contenimento alla Russia, l’UE hanno a giusta ragione la fobia della Cina e intendono combattere la guerra del low cost su territori che godono da anni dei diritti civili. Una guerra alla quale difficilmente terrebbero testa e che intanto sta solo impoverendo Paesi come il nostro, che difficilmente risentirebbero di una svalutazione delle economie basate sulla produzione di tecnologie, avendo noi un’economia manifatturiera di qualità, già consolidata negli anni. Vista così potrebbe essere l’Italia il capo fila europeo di un’economia refrattaria agli interessi globalisti, ma ci stiamo comportando alla stregua degli africani. I politici nostrani, alla stregua dei dittatori locali africani come YAHYA JAMMEH, OBIANG MBASOGO o BLAISE COMPAORÉ, per agevolare l’opera degli invasori, gli hanno venduto la sovranità nazionale e turandosi il naso sulla negazione dei diritti umani, intascano la loro meritata ricompensa che spero consista in qualcosa di più di qualche specchietto o qualche arnese che fa rumore e per prodigio spara fuoco dal davanti. La deportazione di massa di africani provenienti proprio da quelle aree, potrebbe anche essere tesa a creare un equilibrio del mercato del lavoro tra lo svalutato sud Europa e un futuro “Bassamente regolamentato” mercato Afro-Cinese.

 Brett Sinclair


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